Vaccinazioni a tappeto fatte essenzialmente al personale sanitario degli ospedali, ma anche a medici di base, farmacisti, fisioterapisti, personale amministrativo dell'Azienda Sanitaria e anche ai primi anziani oltre i 90 anni. Un procedimento che però con questi numeri non può che andare troppo a rilento. Tanto più che il commissario dell'Asp di Agrigento Mario Zappia ha dichiarato oggi alla nostra emittente che per le prossime ore si attendono appena altre 4.000 dosi di vaccino. Il manager non dice di più, ma è evidente a tutti come 4.000 ulteriori dosi siano decisamente una cifra irrilevante rispetto alla gravità dell'emergenza sanitaria che si sta vivendo e che ogni giorno di più preoccupa, vista la direzione della curva epidemiologica in Sicilia, che continua a salire vertiginosamente. E la prospettiva sull'imminente utilizzo degli altri vaccini approvati dall'Unione Europea, (quelli della "Moderna", in attesa del via libera programmato per fine gennaio dei vaccini "Astra Zeneca") non induce certamente all'ottimismo. Al momento infatti è in arrivo in tutta Italia la cifra simbolica di 47 mila vaccini prodotti dall'azienda farmaceutica statunitense. In attesa di sapere quante di queste dosi arriveranno in Sicilia (e, particolarmente, all'Asp di Agrigento), appare perfettamente inutile guardare alla necessità di una programmazione di un numero di siti sparsi sul territorio per accelerare la campagna vaccinale. Anche perché fino ad oggi le vaccinazioni sono state fatte negli ospedali, mentre per potere ampliare il raggio d'azione occorre una quantità di personale che al momento non c'è ancora. Uno degli aspetti oggetto di forti critiche al commissario unico Domenico Arcuri. Ha aumentato le aspettative dei più anziani, nel frattempo, le prime aperture alla vaccinazione degli ultraottantenni. Le dosi inoculate sono già finite. Il coordinamento della campagna nei confronti di questa parte della popolazione viene gestita in collaborazione coi medici di famiglia. Sembra scontato ormai che le prossime dosi di vaccino saranno destinate a questa fragile parte della popolazione.
Intanto in Sicilia la situazione dei contagi è di autentico allarme, con uno spettro della zona rossa che si avvicina sempre di più. Al momento la situazione in provincia di Agrigento sembra quella migliore tra le 9 province siciliane, anche se è di ieri la dichiarazione della piccola Ravanusa come nuova zona rossa, in una fase in cui ci sono situazioni locali (come dalle nostre parti nel Belice) che inducono a più di qualche preoccupazione. Per il resto, da Siracusa a Messina (la città dello Stretto è quella dove i numeri sono finiti letteralmente fuori controllo), da Trapani a Caltanissetta, la situazione è di autentica emergenza, come indica questa cartina pubblicata dal Giornale di Sicilia. Ma è la pressione sugli ospedali palermitani, in particolare, che al momento si rivela sempre meno sostenibile. La metà dei ricoverati di tutta la regione sono infatti sparsi tra il Policlinico e Villa Sofia. Il parametro dei 250 casi per ogni 100 mila abitanti, se non dovesse verificarsi un'inversione di tendenza, è ormai dietro l'angolo. Raggiunta questa soglia scatterebbe il lockdown totale, la misura più severa tra quelle applicate dal ministero della Salute. Al momento la nostra regione è considerata ancora "zona arancione". Forse però ancora per poco. In provincia di Agrigento come detto situazione ancora sotto controllo, anche se nelle ultime ore sono aumentati considerevolmente i ricoveri, e in una fase in cui molti sindaci sono preoccupati degli assembramenti della Movida nelle pubbliche piazze, come dimostra l'intervento del sindaco di Agrigento Micciché su San Leone e via Atenea. In un momento come quello che stiamo attraversando, l'attuale indisponibilità del Covid Hospital a Ribera (su cui i lavori sono ancora in corso) è argomento di dibattito, soprattutto in retrospettiva, su quello che si sarebbe dovuto fare la scorsa estate e che non si è fatto.