Stampa questa pagina
20
Gennaio

Tre nascondigli solo a Campobello: era l'epicentro della latitanza del boss

Scritto da 
Pubblicato in Attualità

Eccola, in questa foto satellitare, la mappa di Campobello di Mazara

con l'indicazione dei tre punti specifici dove le forze dell'ordine hanno trovato i nascondigli del boss. L'ultimo dei quali rinvenuto ieri. Tre punti non distanti tra loro, e d'altra parte Campobello di Mazara, che a quanto pare era il vero e proprio epicentro della latitanza di Matteo Messina Denaro, è un comune piccolo, contando appena 11 mila abitanti. 

L'ultimo covo, dopo la prima abitazione di via Marsala intestata ad Andrea Bonafede e il bunker ritrovato il giorno dopo poco lontano, consiste in un appartamento al primo piano di una palazzina gialla situata in via San Giovanni. Immobile peraltro che si è scoperto essere ufficialmente in vendita. All'immobile, perquisito dagli inquirenti nel pomeriggio, si è arrivati seguendo un trasloco. Sono in corso indagini per accertare se nell'appartamento siano state ricavate stanze segrete come quella scoperta due giorni fa dalla Guardia di finanza, il bunker blindato che era nascosto da un armadio pieno di vestiti, con accesso da un fondo scorrevole. A dare la chiave di quel che ha definito un ripostiglio - a quanto pare pieno di scatoloni, alcuni gioielli, pietre preziose e argenteria - è stato il proprietario della casa nella quale il rifugio era stato ricavato: Errico Risalvato, fratello di un fedelissimo del boss condannato per mafia e a lungo indagato.

La Procura, guidata da Maurizio de Lucia, dovrà ora esaminare tutto il materiale recuperato dopo l'arresto: l'agenda che era nel borsello del capomafia al momento del blitz, che conterrebbe anche riflessioni e pezzi di lettere, i due cellulari di Messina Denaro, post-it, appunti e documenti con sigle, numeri di telefono, nomi e cifre che fanno pensare a una sorta di promemoria su investimenti e spese trovati nell'appartamento di vicolo San Vito e che sono ora all'analisi del Ris. Al momento non ci sarebbe invece traccia di un libro mastro. 

Nei covi del boss individuati gli investigatori continuano a fare rilevamenti. Il comandante del Ros Pasquale Angelosanto ha detto che al momento non si è ancora in grado di dire se qualcuno sia andato prima. "Mi auguro - ha aggiunto a Porta a Porta - che se ci sia stato qualcuno abbia lasciato qualche traccia. E' un' ipotesi, ma allo stato non siamo in grado di confermarla". "I rilevamenti di carattere biologico sono l'unico modo per poter dire che quei luoghi erano frequentati da alcune persone, trovare tracce di dna da sequenziare per poi metterle da parte per confrontarle col dna di tutti gli indagati che incroceranno queste indagini", ha spiegato Angelosanto, il quale ha aggiunto: "stiamo facendo un'attività di repertamento, di fino. Poi cercheremo di capire se nell'abitazione ci sono ambienti e cavità nascoste o casseforti coperte da intercapedini". E sul fatto che Messina Denaro abbia nominato la nipote come suo avvocato difensore, il comandante del Ros ha commentato: "siamo in presenza di un vuoto normativo. Il difensore è tutelato dalla legge proprio per l'esercizio del suo mandato di difesa, se c'è questo aspetto che potrebbe far pensare a un tentativo di aggiramento del 41 bis ci troviamo di fronte a una difficoltà oggettiva". Facendo una panoramica sul territorio, Angelosanto ha concluso: "il Trapanese, che è sotto controllo diretto di Matteo Messina Denaro come provincia mafiosa, ha quattro mandamenti mafiosi e ha 19 famiglie mafiose dipendenti da questi mandamenti, tuttora. La nostra attività investigativa ha puntato nel corso degli anni a colpire gli assetti militari di queste famiglie mafiose, prolungando lo sforzo per impedire che si ricostruissero dopo gli arresti. Se noi pensiamo che le famiglie mafiose sono composte dalle cosiddette decine, componenti di dieci persone, immaginiamo quanti possano essere".

Insomma: tutto sembra essere una specie di film. E, d'altronde, nel primo covo di Matteo Messina Denaro perquisito dal Ros, a Campobello di Mazara, i carabinieri hanno trovato anche un poster con il volto de 'Il padrino', quello interpretato nell'omonimo storico lungometraggio da Marlon Brando, il Don Vito Corleone di Mario Puzo messo in scena da Francis Ford Coppola agli albori degli anni Settanta. L'immagine di Brando è quella del giorno del matrimonio della figlia Connie, nella scena in cui, accarezzando un gatto, ascolta lo sfogo di un altro siculoamericano che chiede giustizia per un torto familiare. Una stampa, quella di don Vito Corleone, talmente banale che nessun autore avrebbe pensato di potere associare all'immaginario più o meno artistico apprezzato da Messina Denaro.

 

Letto 386 volte Ultima modifica il Venerdì, 20 Gennaio 2023 13:49

Video