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25
Maggio

Strage Capaci, l'avvocata Vella: "Messina Denaro non c'entra, il capo era Agate"

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Pubblicato in Attualità

"Non era il mio assistito ma Mariano Agate

il reggente di Cosa nostra Trapanese". E’ su questo assunto che è iniziata oggi l’arringa difensiva dell’avvocata Adriana Vella, legale d’ufficio di Matteo Messina Denaro, nell’udienza di Appello che si celebra a Caltanissetta, che vede l’ex superlatitante imputato come mandante delle stragi di Capaci e via D’Amelio. Mariano Agate, morto dieci anni fa, fu lo storico capo della consorteria di Mazara del Vallo, assurgendo poi al ruolo di esponente di spicco della mafia.
  “La sentenza della Corte di Assise di Appello di Catania – ha detto l’avvocata Vella – sulla scorta delle dichiarazioni di diversi collaboratori di giustizia, individua in Agate uno dei mandanti della strage di Capaci. Ed allora è evidente che se il predetto Agate Mariano era uno dei mandanti della strage, lo era o in qualità di capo provincia o di reggente della provincia di Trapani, in sostituzione del padre dell’imputato (Francesco Messina Denaro, ndr) con la conseguenza di dovere ritenere errate le conclusioni a cui sul punto è pervenuta la Corte di Assise nel giudizio di primo grado”.

Ancora, la legale del boss ha aggiunto che “la veste di Matteo Messina Denaro come reggente della provincia trapanese, così come sostenuto nella sentenza di primo grado, è smentita emblematicamente anche dal contenuto delle intercettazioni effettuate nel carcere di Opera durante un colloquio tra Salvatore Riina e tale Lorusso, pregiudicato pugliese”. “Nelle parole di Riina – ha proseguito l’avvocata Vella – il padre dell’imputato viene individuato dal capo indiscusso dell’organizzazione quale capo mandamento e non capo provincia. Così diceva Riina: ‘Ora se ci fosse suo padre buonanima, perché il padre era una brava persona, una bella persona’ dice Riina durante quel colloquio, muovendo al contempo un’aspra critica nei confronti dell’imputato per le scelte strategiche fatte da quest’ultimo, ben lontane - ha sottolineato la legale - dalle logiche stragiste, ossia quello di dedicarsi ai profitti derivanti dal mercato dell’eolico”

Udienza, quella odierna, alla quale il boss ha preferito non presentarsi neanche questa volta. Se avesse voluto avrebbe potuto farlo in videocollegamento dal carcere di massima sicurezza de L'Aquila, dove è detenuto. La sedia della postazione è rimasta vuota. Messina Denaro in primo grado era stato condannato all’ergastolo. Il procuratore Antonino Patti, a conclusione della sua requisitoria ha chiesto la conferma della condanna. Prima di cominciare la sua arringa Adriana Vella si è detta molto emozionata, in considerazione di quella che ha definito "la consapevolezza che la designazione casuale come difensore d’ufficio" le ha dato l’opportunità di essere in un procedimento che entrerà nella storia perché parla di fatti che hanno segnato la storia del nostro paese.

Ancora, l'avvocata Vella ha ribadito che "la designazione come difensore d’ufficio avvenuta per caso fa di me l’espressione massima della tutela del diritto di difesa che lo Stato assicura a tutti”. Ricordiamo che, dopo la decisione della nipote avvocata del boss Lorenza Guttadauro di rimettere il mandato, Adriana Vella era subentrata a Calogero Montante, che si era dichiarato incompatibile e, per questo, aveva denunciato di avere subito delle minacce anonime. L'avvocata Vella ha chiesto l'assoluzione di Messina Denaro in questo procedimento. "Chiedo che la Corte sappia giudicare con imparzialità, sappia leggere i motivi di Appello, sgombrandoli dal nome dell’imputato e sappia con la medesima imparzialità ascoltare le mie riflessioni”.

Letto 332 volte Ultima modifica il Giovedì, 25 Maggio 2023 12:20

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