sindaci agrigentini la decisione di aumentare del 5,4% le tariffe idriche.
Le alternative, hanno evidenziato, sarebbero state ben più pesanti per i cittadini in modo diretto e indiretto, o con un aumento più che doppio imposto da Arera oppure con un insostenibile trasferimento dei debiti di Aica a carico dei Comuni, con riduzioni nei servizi prestati ai cittadini o, peggio, una pioggia di dichiarazioni di dissesto finanziario. Va però evidenziato che questa scelta di responsabilità è stata fatta solo da 24 sindaci, tra questi quelli di Agrigento e Sciacca i due centri che maggiormente contribuiscono al sostentamento di Aica, con una frattura in seno all’assemblea dei sindaci che non rappresenta una novità.
A contestare l’aumento è il sindaco di Cattolica Eraclea Santo Borsellino.
Non c’è mai stato un fronte unitario, sin dalla costituzione dell’Azienda e nel tempo la situazione è peggiorata. Lo dimostra anche la proposta di riduzione del potere di voto per i colleghi sindaci di quei comuni che non sono in regola con i versamenti ad Aica. Per i sindaci che hanno deliberato l’aumento delle tariffe idriche era un atto dovuto, innanzitutto ai cittadini esasperati dai disservizi idrici e che adesso avranno anche bollette più care.
Per evitare, dunque, il fallimento di Aica, 24 sindaci agrigentini hanno scelto di evitare il rischio del dissesto finanziario del proprio comune, fronteggiando la situazione debitoria dell’Azienda con un aumento del 5.4% del costo dell’acqua. C’è da chiedersi se sarà sufficiente o se, alla fine, quando Aica presenterà il bilancio, non sarà comunque necessario stanziare in bilancio le somme necessarie alla copertura. Di fronte a tutto ciò, i sindaci si sono limitati a dichiarare che rispetto all’attuale governance, non si esclude la richiesta di rinnovamento di tutti quegli organismi che abbiano dimostrato la propria inefficienza rispetto al mandato conferito.
C’è chi va oltre. La Consulta di Aica si è rivolta al Prefetto di Agrigento per denunciare quella che ritiene una situazione illegittima e non risolutiva.
Secondo la Consulta, l’aumento genererà circa 2,6 milioni di euro in più a carico dell’utenza, senza però risolvere i problemi strutturali che affliggono AICA. Di più, viene rimarcato come alcuni dei Comuni che hanno approvato l’aumento delle tariffe siano gli stessi che non pagano l’acqua, accumulando debiti milionari nei confronti di Aica, mentre altri non fanno nemmeno parte dell’Azienda, ma avrebbero comunque partecipato alle decisioni tariffarie.
Consulta che invita la Prefettura e la cabina di regia regionale a intervenire con decisione per avviare un vero riordino del Servizio Idrico Integrato.
La polemica investe i sindaci che hanno deliberato l’aumento, quelli che non pagano e quelli che decidono pur gestendo direttamente le proprie risorse idriche, ma c’è da affrontare la questione Aica a partire dalla governance. Lo fa il PD di Agrigento parlando di un carrozzone politico-clientelare, con scarse competenze manageriali e senza una visione appropriata del suo ruolo di servizio pubblico essenziale. Pd agrigentino che attribuisce la responsabilità politica ai parlamentari Roberto Di Mauro di Grande Sicilia e Riccardo Gallo di Forza Italia, pur non sottacendo su quelle di parte di quella di sinistra che ha appoggiato e continua a sostenere l’attuale vertice dell’Aica ed è stata in diverse occasioni disponibile ad accordi con il centrodestra.
La richiesta è quella procedere con urgenza al commissariamento della società e all’affidamento della sua gestione a manager di comprovata competenza.