Settimio Cantone ha di fatto rassegnato la disponibilità alle dimissioni, lasciando però la decisione finale all’assemblea dei sindaci che si è riunita questa mattina ad Agrigento. Una assemblea che si annunciava infuocata da giorni, una sorta di resa dei conti rispetto al futuro dei vertici dell’Azienda Idrica Comuni Agrigentini. Da ieri circolava insistentemente la voce di possibili dimissioni da parte del presidente Cantone e degli altri componenti del Cda, a fronte peraltro della mozione presentata dai sindaci di Sciacca e Grotte, e sostenuta da altri colleghi, finalizzata all’azzeramento del Consiglio di Amministrazione, ma anche della richiesta di commissariamento di Aica avanzata dal sindaco di Raffadali. Alla fine Cantone ha probabilmente trovato un escamotage. A sorpresa la remissione del suo mandato questa volta non equivale alle dimissioni formali.
L’assemblea di questa mattina si è aperta con la lunga relazione di Settimio Cantone sull’operato del Cda da lui presieduto e sulla situazione economica e gestionale che era già nota ai sindaci che, non più un mese fa, hanno dovuto approvare ( non tutti) un aumento delle tariffe idriche per poter chiudere il bilancio dell’azienda. Operazione che peraltro non risolve le gravi criticità di Aica che vanta un debito di circa 20 milioni di euro nei confronti di Siciliacque e deve far fronte ad un primo pignoramento di 2 milioni di euro.
E’ stata soprattutto la situazione economica, che si aggiunge ai disservizi che si registrano in diversi comuni, a far insorgere alcuni sindaci e portare alla presentazione di quella che può essere considerata una sorta di “mozione di sfiducia” nei confronti del CdA di Aica.
Richiesta di azzeramento dei vertici che è passata in secondo piano a fronte della decisione di Settimio Cantone di “rimettere il mandato” e passare, di fatto, la patata bollente ai sindaci.
Ne è venuto fuori un acceso dibattito, con l’assemblea spaccata, ed è probabilmente questo l’obiettivo di Cantone, perché a questo punto nulla è più scontato e dovranno essere i sindaci a decidere. E qui potrebbe tornare in pista il tema immortale dell’appartenenza politica.