dalla giunta Termine il mese scorso, approda in Consiglio Comunale. Si avvia l’iter di esame del documento e già in settimana verrà convocata la seduta della commissione consiliare lavori pubblici e urbanistica, presieduta da Ignazio Bivona. A far discutere sarà certamente il progetto relativo alla realizzazione dei famosi capannoni da mettere a disposizione delle associazioni culturali per la realizzazione dei carri allegorici. Strutture da anni ritenute fondamentali, dalle varie amministrazioni e consigli comunali, mai però realizzate. La questione, questa volta, è legata all’investimento previsto: 3 milioni e mezzo di euro attraverso un mutuo per il quale l’amministrazione conta di utilizzare anche parte delle risorse dell’imposta di soggiorno.
E’ il presidente della commissione consiliare bilancio Filippo Bellanca ad esprimere perplessità sui lievitati costi dei capannoni ricordando come due anni fa sia stato approvato il progetto per le strutture, che ammontava a un milione e 800 mila euro.
Ben vengano i capannoni, ma se questa è l’unica visione strategica dell’amministrazione Termine sul futuro del Carnevale di Sciacca, allora siamo di fronte all’ennesima occasione mancata. Così oggi il movimento Controcorrente interviene sulla questione, andando oltre l’aspetto dell’investimento economico, pur rilevante.
Per Controcorrente è ancora più grave che non si intraveda alcuna strategia di lungo periodo. Nessuna fondazione, nessun ente autonomo con competenze reali, capace di coinvolgere professionalità di alto livello: ingegneri, scenografi, artisti, esperti di marketing, imprenditori culturali. Quello che manca, aggiungono gli esponenti locali di Controcorrente, è una visione moderna e strutturata del Carnevale come economia, come identità, come volano turistico, attraverso un ente stabile e credibile, che lavori tutto l’anno su promozione, innovazione, formazione e coinvolgimento delle scuole, dei giovani, delle imprese.
Il rischio che Controcorrente intravede è che si voti un mutuo milionario sulla base di una semplice delibera, senza alcuna garanzia di ritorno economico, culturale o turistico per la città, in un clima non da confronto democratico in cui chi solleva dubbi sul progetto viene accusato di "mandare tutto a monte".

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