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09
Aprile

Procura rivela che aspiranti (truffati) per lavoro alle Poste dovevano pagare 19 mila euro

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Pubblicato in Cronaca

Ventimila euro trattabili, comunque non meno di 19 mila. Sarebbe stato questo il costo da dovere pagare a chi, in cambio, si diceva in grado di fare ottenere un lavoro alle Poste. È quanto emerge dall'inchiesta della procura della Repubblica di Sciacca che ieri è culminata con i 3 provvedimenti restrittivi autorizzati dal Gip del Tribunale Antonino Cucinella nei confronti dei coniugi Alfonso Caruana, di Ribera, e Antonina Campisciano, originaria di Caltabellotta, entrambi dipendenti di Poste Italiane, entrambi finiti in carcere, mentre per una terza persona, una palermitana di origini polacche, Silvia Adamczyk, sono stati disposti gli arresti domiciliari.

L'accusa per tutti è di quelle piuttosto pesanti: associazione per delinquere finalizzata alla truffa. Secondo gli inquirenti, sfruttando evidentemente il disperato bisogno di lavoro che, purtroppo, soprattutto dalle nostre parti è un autentico dramma, i tre facevano credere a diversi soggetti che dietro il pagamento della non certo modica cifra di 19 mila euro in contanti, sarebbe stato possibile farli assumere alle Poste. Fondamentale ai fini dell'indagine è stata la denuncia presentata da 6 delle persone che si sono dette truffate, le quali, evidentemente, erano state inizialmente allettate dalla prospettiva di potersi in qualche modo sistemare per la vita, con quello che una volta si definiva come il più tradizionale del "posto fisso".

In procura non escludono che possano esserci altre persone oltre a quelle che hanno deciso di parlare venute a contatto con gli indagati. In ogni caso quello che è venuto fuori negli ultimi due mesi e mezzo è stato un lavoro investigativo lampo, che ha visto collaborare attivamente le aliquote di polizia giudiziaria di carabinieri, guardia di finanza e polizia di Stato e che è culminato con la notifica dei provvedimenti che ieri il comandante della compagnia dei carabinieri di Sciacca Roberto Vergato ha illustrato nel corso di una conferenza stampa che si è svolta al comando provinciale dell'Arma. Due mesi e mezzo di indagini che hanno permesso agli investigatori di ricostruire lo scenario e di risalire a quelle che gli inquirenti adesso considerano un quadro probatorio piuttosto significativo. 

Era a Palermo, presso un ufficio spacciato come sede sindacale, che - stando a quanto si apprende da fonti investigative - venivano sottoposte a colloquio le persone a cui si prometteva un'assunzione. Secondo gli investigatori, con questo sistema, Alfonso Caruana, Antonina Campisciano e Silvia Adamczyk erano riusciti ad appropriarsi di una somma complessiva di 45 mila euro. Ma i coniugi Caruana erano già noti alle forze dell'ordine. Già in passato erano finiti sotto indagine, arrivando anche a patteggiare una pena in tribunale nell'ambito di altre truffe accertate (sempre con lo stesso sistema), riuscendo a raggirare almeno una trentina di persone e a raccogliere fino a oltre 400 mila euro pagate da chi, attraverso questa strada, sperava di potere ottenere un impiego alle Poste. Adesso con questa nuova indagine la posizione degli indagati è ulteriormente peggiorata, essendo intervenuta l'ipotesi di reato dell'associazione a delinquere. Un'inchiesta che se ha già registrato un momento importante, quello dell'emissione dei provvedimenti restrittivi, probabilmente non si è ancora conclusa. 

Letto 996 volte Ultima modifica il Venerdì, 09 Aprile 2021 13:51

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