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19
Gennaio

Messina Denaro. Stamattina per lui la prima chemio nel carcere de L'Aquila

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Pubblicato in Cronaca

È rimasto deluso chi sperava che stamattina Matteo Messina Denaro

si collegasse in videoconferenza con l'aula bunker del carcere Malaspina di Caltanissetta per assistere all'udienza del processo sui mandanti delle stragi di Capaci e via D'Amelio che lo vede alla sbarra. Il boss, detenuto da lunedì scorso al 41 bis nel carcere de L'Aquila, ha rinunciato alla sua partecipazione. Lo ha fatto sapere ufficialmente il presidente della corte d'assise d'appello. Un capannello di giornalisti e cineoperatori da stamattina si era piazzato davanti la sede giudiziaria. Attesa vana, forse c'era da aspettarselo. La rinuncia alla presenza, sebbene in videoconferenza, all'udienza, potrebbe essere stata motivata dalla prima seduta di chemioterapia alla quale Matteo Messina Denaro è stato sottoposto questa mattina stessa. 

Intanto Giovanni Luppino, l'autista del super latitante, si è difeso nell'interrogatorio di garanzia successivo al suo arresto: "Non sapevo - ha detto - che si trattasse di Matteo Messina Denaro, solo un pazzo avrebbe potuto accompagnarlo sapendo che si trattava del boss".  Luppino, 59 anni, commerciante di olive, ha sostenuto di non conoscere Messina Denaro, che gli era stato presentato come cognato di Andrea Bonafede, e di averlo accompagnato perché doveva sottoporsi alla chemioterapia. È stato il legale dello stesso Luppino, l'avvocato Giovanni Ferro, a riferire dell'autodifesa del proprio assistito. 

"Al di là del plauso alle forze dell'ordine e alla magistratura per l'arresto di Messina Denaro, 30 anni di storia ci insegnano che, prima di esultare, dobbiamo essere molto cauti perché per comprendere i contorni di certi avvenimenti bisogna aspettare e verificare determinati effetti a medio e lungo termine in ambito giudiziario, politico ed economico". Lo ha detto l'avvocato Vincenzo Greco, legale di Lucia, Fiammetta e Manfredi Borsellino al termine dell'udienza del processo a Matteo Messina Denaro, imputato come mandante delle stragi del '92. "Quello che interessa ai familiari del giudice Borsellino - ha aggiunto il legale - è prima di ogni altra cosa l'accertamento della verità che si auspica sia prima di tutto una verità giudiziaria, e comunque laddove questo non fosse possibile, una verità storica. Certamente le parti che assisto rimarranno estremamente vigili su tutto questo".  

E mentre continuano gli accertamenti su Andrea Bonafede, colui che oltre alla casa di via Marsala a Campobello di Mazara ha ceduto al boss anche la sua identità, sui medici che lo hanno avuto in cura e sul covo scoperto anche questo a due passi dalla casa di Matteo Messina Denaro, la vicenda naturalmente, continua ad essere sotto le luci dei riflettori. Induce a una riflessione la dietrologia che sta giganteggiando, e non solo sui social, quella che sminuisce in modo inaccettabile il lavoro svolto dagli inquirenti e dagli investigatori. Ma siamo questo, e non crediamo che saranno sufficienti altri 2 secoli prima di potere essere veramente liberi. Magari tra quelli che ironizzano sulle modalità di un arresto che a loro dire sarebbe stato annunciato c'è anche chi mai e poi mai avrebbe chiamato i carabinieri per dirgli che sapeva dove si trovasse il boss.  

Indubbiamente ci sono tanti punti oscuri nella storia della lotta alla mafia, rivelatori (e in modo piuttosto inequivocabile) delle connivenze tra Stato e criminalità organizzata. E questo ben al di là della questione della trattativa, diventata oggetto di procedimenti giudiziari che hanno avuto un esito a dir poco deludente per chi li ha istruiti. Ma tutto questo non toglie nulla all'importanza della cattura di Matteo Messina Denaro. E di questo va dato atto a chi ha portato a termine questo risultato. 

Bisogna pensare male? Sì, bisogna. E allora pensiamo male pure noi: se Messina Denaro è rimasto latitante per 30 anni, e probabilmente a casa sua, non è stato solo per la protezione di quella che il procuratore De Lucia ha definito "borghesia mafiosa" o, per dirla con l'ex magistrata Teresa Principato, "delle massonerie internazionali", ma è stato anche perché è stata la stessa società che oggi inorridisce e minimizza, eleggendosi a "controparte" dello Stato, a ritenere che la sostanza della democrazia dipenda esclusivamente da quello che decidono i governanti, limitandosi ad autoassolvere la propria coscienza. 

Letto 256 volte Ultima modifica il Giovedì, 19 Gennaio 2023 13:50

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