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23
Gennaio

Mafia. Prosegue l'inchiesta sulla latitanza di Matteo Messina Denaro

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Pubblicato in Cronaca

Gli ultimi 4 anni della sua latitanza Matteo Messina Denaro li ha trascorsi a Campobello di Mazara.

Dove si faceva chiamare Francesco. D'altra parte sarebbe stato complicato farsi chiamare Andrea Bonafede, visto che da quelle parti con quel nome ce n'era già uno, il geometra che, eppure, aveva consegnato documenti e la sua stessa identità al boss. Geometra cinquantanovenne che adesso è indagato per associazione mafiosa e favoreggiamento aggravato. La compagna, con cui conviveva da 11 anni, ha fatto sapere di averlo lasciato. Ha detto di avere appreso dalla televisione che l'uomo con cui divideva la sua vita aveva accettato la richiesta del superboss di aiutarlo. Ma a scaricare Andrea Bonafede è stato anche il cognato, marito di una delle sorelle. Intervistato da più testate anche lui ha detto che nessuno in famiglia immaginava una cosa del genere, stupendosi del fatto che ancora Andrea Bonafede non sia stato arrestato. 

Le indagini continuano, ed è stato un fine settimana intenso di lavoro quello del pool di magistrati della Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo alla ricerca di informazioni che permettano di ricostruire se non trent'anni di latitanza del boss quanto meno l'ultimo periodo. Tra notizie di colore ed elementi investigativi, al momento si parla con insistenza di un presunto figlio segreto di Matteo Messina Denaro che, eventualmente,  sarebbe il secondo dei suoi figli, insieme all'altra figlia ventisettenne, che si chiama Lorenza. La quale, come ha precisato ufficialmente il suo avvocato, non ha mai rinnegato il padre, e che l'unica notizia vera è che mai e poi mai sono intervenuti contatti con il boss fin dalla nascita. E adesso si sta anche cercando di risalire alla misteriosa donna che avrebbe frequentato una delle case che erano nella disponibilità del boss. 

Intanto proseguono le indagini sulla rete dei fiancheggiatori del boss Matteo Messina Denaro. L'auto del capomafia è stata trovata a Campobello di Mazara. La Giulietta nera era in un garage del figlio di Giovanni Luppino, l'incensurato imprenditore agricolo che ha accompagnato il padrino di Castelvetrano alla casa di cura ed è stato arrestato con lui. Agli inquirenti ha detto di non aver saputo, fino al giorno del blitz, chi fosse il suo "passeggero" che, prima di allora, aveva visto solo una volta alcuni mesi fa. "Mi era stato presentato come Francesco e domenica sera mi ha chiesto di accompagnarlo dicendomi che doveva fare delle cure per il cancro", si è difeso. Una ricostruzione che i magistrati ritengono totalmente falsa, anche perché mal si concilia con la presenza della macchina nel garage del figlio di Luppino, ma non solo. Alcune fonti dicono che prima di essere arrestati l'autista e il boss si sarebbero abbracciati. Inoltre, tra i pizzini sequestrati all'agricoltore è spuntato uno con scritto "guarnizione di sportello lato guida di Giulietta 1.6 ultima serie". Un promemoria di acquisto di un pezzo per auto, guarda caso la stessa di Messina Denaro. La Giulietta è stata perquisita dalla polizia su disposizione del procuratore aggiunto Paolo Guido. All'interno non sarebbero stati trovati documenti o materiale rilevante, né sarebbe stato trovato un gps utile a ricostruire gli spostamenti del capomafia. Secondo gli investigatori, però, la macchina sarebbe stata acquistata dal capomafia in persona. Messina Denaro, a gennaio del 2022, sarebbe andato in una concessionaria di Palermo avrebbe dato in permuta una Fiat 500 e avrebbe pagato 10mila euro in contanti. Sia il contratto di acquisto che la permuta sono intestate ad una anziana disabile di 87 anni madre di Andrea Bonafede, il geometra di Campobello che avrebbe prestato l'identità al boss almeno dal 2020, data del primo intervento chirurgico al quale il capomafia si è sottoposto all'ospedale di Campobello di Mazara.

Gli investigatori, che nei giorni scorsi hanno perquisito le abitazioni di diverse persone sospettate di aver favorito la latitanza del boss tra le quali quelle di Luppino, di Bonafede e della madre e dell'ex avvocato Antonio Messina, stanno analizzando la copiosa documentazione trovata nel primo covo del boss scoperto, quello di vicolo San Vito, sempre a Campobello di Mazara, e il materiale sequestrato a Luppino. Si tratta di appunti, post-it, liste di spese fatte (il padrino viveva nel lusso e spendeva anche 7.000 euro al mese), un'agenda, numeri di telefono, nomi in codice.
 
Un lavoro lungo e difficile quello dei carabinieri del Ros da cui potrebbero venir fuori nomi di complici e favoreggiatori. Non è stato confermato, invece, che nella casa siano stati trovati elementi che provino viaggi all'estero del capomafia. Al vaglio degli inquirenti anche i cellulari sequestrati: due di Messina Denaro e due di Luppino che, come ha notato il gip nell'ordinanza con la quale ha disposto il carcere per l'autista, teneva i due apparecchi in modalità aereo la mattina dell'arresto. Uno dei telefonini del capomafia, intestato a Bonafede, è stato "seguito" dagli investigatori la mattina del blitz. Le celle agganciate hanno confermato i sospetti dei carabinieri sui movimenti di Messina Denaro, alias Bonafede, che da Campobello di Mazara viaggiava verso Palermo. Nella libreria del covo del capomafia, infine, oltre a libri di storia e filosofia, e alle stampe di Marlon Brando nei panni del Padrino e di Joaquim Phoenix in quelli di Joker, sono state trovate due biografie: una di Vladimir Putin, l'altra di Hitler.
 
Ieri infine le dichiarazioni commosse del vescovo emerito di Mazara, monsignor Domenico Mogavero il quale, in preda alla commozione ricordando le tante vittime del boss, tra cui Giuseppe Di Matteo, ha detto: "Non dobbiamo avere troppa pietà di Messina Denaro".  

 

Letto 370 volte Ultima modifica il Lunedì, 23 Gennaio 2023 13:05

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