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27
Febbraio

"Passepartout". Il ministro Bonafede chiede l'accesso agli atti

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Pubblicato in Cronaca

 

 

Il capo di gabinetto del ministro della Giustizia Alfonso Bonafede

ha chiesto formalmente alla procura della Repubblica di Palermo di potere accedere agli atti contenenti le intercettazioni da cui si evince come Antonello Nicosia, arrestato a novembre nell'ambito dell'operazione antimafia denominata “Passepartout”, avesse avuto l'intenzione, tramite contatti da stabilire eventualmente con la madre dell'attuale guardasigilli e con alcuni parlamentari regionali del Movimento 5 Stelle, di incontrarlo, allo scopo di promuovere la creazione di un “osservatorio permanente per il carcere e la riforma penitenziaria”, autocandidandosi naturalmente come esperto.

 

Bonafede, mazarese e avvocato, vuole tutelare la sua onorabilità, ecco perché, dunque, ha chiesto di conoscere nel dettaglio le dichiarazioni di Nicosia nella parte che lo riguardano. La procura valuta la richiesta in questione, ma non dovrebbero esserci ostacoli, posto che si tratta di documenti disponibili.

 

Queste notizie sono venute fuori nell'ambito dell'avviso di conclusione delle indagini a carico di Nicosia e degli altri quattro indagati dell'operazione Passepartout, ossia Accursio Dimino, considerato il boss di Sciacca, Massimiliano Mandracchia, Paolo e Luigi Ciaccio, accusati di favoreggiamento.

 

Oltre all'intenzione di incontrare Bonafede, dall'inchiesta della DDA di Palermo viene fuori come Nicosia avesse avuto rapporti con l'ex sindaco di Castelvetrano Vaccarino, in carcere per avere favorito i fiancheggiatori del superboss latitante Matteo Messina Denaro. Secondo il procuratore aggiunto Paolo Guido e i sostituti Gery Ferrara e Francesca Dessì, l'ambizione smodata di Antonello Nicosia si sarebbe manifestata anche nel tentativo di farsi nominare garante dei detenuti della Regione siciliana, carica tuttora detenuta dal professore universitario Giovanni Fiandaca, contro il quale Nicosia, stando a quanto riferiscono gli inquirenti, avrebbe avuto l'intenzione di organizzare una campagna sui social e una manifestazione con un pullman e quelli che ha definito “cinquanta picciottazzi” nella sede della presidenza della Regione.

 

Antonello Nicosia si difende da tutte le accuse a suo carico sostenendo, pur ammettendo di avere detto le cose finite nelle intercettazioni, di averlo fatto solo per millantare un potere di cui non disponeva, che dunque non era vero niente. La vicenda giudiziaria adesso si avvia verso la richiesta da parte della procura del rinvio a giudizio nei confronti degli indagati. Nicosia è finito in questa indagine con l'accusa di essere stato un messaggero dei boss, visto che come collaboratore parlamentare della deputata Pina Occhionero (accusata di falso) riusciva ad entrare nelle carceri e parlare con detenuti al 41 bis.

 

Letto 541 volte Ultima modifica il Giovedì, 27 Febbraio 2020 14:23

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