che sono indagate nell'ambito dell'operazione "Mare aperto". Si tratta di Carmelo Giuseppe Calderaro, detto "zio Melino", considerato dagli inquirenti organicamente inserito nel sodalizio criminale. La procura aveva chiesto anche il suo arresto, ma il Gip del tribunale di Caltanissetta ha respinto la richiesta, ritenendo, dai dialoghi intercettati, che Calderaro si sia spontaneamente allontanato dall'organizzazione criminale, non intendendo più mettersi a disposizione del sodalizio. Il Gip ha ritenuto, inoltre, da escludere che Calderaro possa darsi alla fuga. Il suo ruolo sarebbe stato inizialmente necessario per aggiustare i motori dei gommoni utilizzati per le tratte Tunisia-Sicilia.
“Mare aperto” avrebbe fatto saltare in aria un vero e proprio traffico di essere umani, con imbarcazioni pronte a salpare da Gela e Licata, dirigersi in Tunisia per poi tornare indietro con il carico di disperati. Il capo della banda sarebbe stato un imprenditore agricolo di Niscemi, che avrebbe messo a disposizione la base operativa in una masseria del luogo, in cui c'è anche un campo di volo privato. La Polizia di Caltanissetta, com'è risaputo, ha notificato 18 ordinanze di custodia cautelare, 12 in carcere e 6 agli arresti domiciliari, italiani e tunisini accusati di associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Agghiaccianti alcune delle intercettazioni registrate dagli inquirenti: “se ci sono problemi, gettali tutti in mare” si dicevano tra di loro alcuni appartenenti a questa banda.
I migranti, insomma, erano soltanto merce, e non trattati come esseri umani. E sarebbero state proprio alcune intercettazioni a salvare dall'arresto Giuseppe Calderaro apostrofato come “bastardo” da alcune degli arrestati perché, nonostante fosse stato pagato per i precedenti lavori, non aveva più voluto aggiustare e montare i motori che servivano per le traversate, cosa che non sarebbe mai successa se fosse stato un sodale della banda. L’indagine era stata avviata nel febbraio 2019 all'indomani della scoperta di una barca in vetroresina che si era incagliata dinanzi la costa di Gela. L'associazione avrebbe avuto punti strategici dislocati in più centri della Sicilia, come Scicli, Catania e Mazara del Vallo, con il prezzo a persona, pagato in contanti in Tunisia prima della partenza, che si sarebbe aggirato tra i 3 ed i 5 mila euro.
Stando proprio ai dati ufficiali del Viminale, oltre il 90% dei migranti giungono in Sicilia e a Lampedusa proprio attraverso questi traffici, su barchini e gommoni, e meno del 10% con le navi delle ONG.